Benvenuto nel mio blog. Gli "attimi di vita" sono le mie poesie e i miei racconti.
Un tuo commento mi farà molto piacere. Grazie in anticipo.

giovedì 2 aprile 2020

A noi

Alla natura,
che sboccia in mille sfumature,
agli insetti e al nettare vitale,
alla brezza che culla esili fili d'erba,
agli uccellini che cantano felici e spensierati.
A te uomo,
colmo di ansie e preoccupazioni,
preoccupato per il domani,
a te che soffri, a te che piangi,
a te che gli attimi paiono eternità.
Non sarà mai più ieri,
per qualcuno neppure domani,
ma c'è il presente,
da vivere, da assaporare e da godere.
Andrà tutto bene!

venerdì 26 gennaio 2018

Oltre

Oltre le montagne
oltre le nuvole
oltre l’orizzonte
che limitano lo sguardo

Oltre le credenze
oltre gli errori
oltre i pregiudizi
che incatenano pensieri e azioni

Oltre me stesso
oltre la volontà
oltre i desideri
che confondono il cuore.

Oltre il destino
oltre la sorte
oltre gli imprevisti
che sospendono nel vuoto.

Oltre me
oltre te
oltre noi
oltre l'infinito... il futuro

Conosco me stessa

Capirai,
ma solo tu comprenderai.

Capirai i miei sorrisi,
gioirai per la mia felicità,
ascolterai le mie risate,
vivrai la mia gioia.

Subirai la mia rabbia,
sopporterai la mia tristezza,
asciugherai le mie lacrime,
rispetterai i miei silenzi,

Solo tu capirai,
solo io,
sono io,
io me.

Conosco me stessa.

“Mama à l’è rubatà la Mole” “fa nen ël fòl”

Era il 3 maggio 1953. Erano le 19.25.
Renato, mio padre, aveva allora 15 anni: è nato nel 1938. Prima ancora che scoppiasse la Seconda Guerra Mondiale.
Eppure quel giorno non lo ha dimenticato: si è impresso nella sua memoria e mai lo potrà scordare.
Da allora di anni ne sono trascorsi tanti, ora ne ha quasi 80. Un vecchietto penserete: invece assolutamente no! È da sempre al passo con i tempi, si è aggiornato ha un Iphone, un IPad, un Kindle; non ama i social network ma legge i quotidiani online, consulta internet, manda e riceve email come se nulla fosse.
Il suo ricordo è vivido. Lui lo rivive come se il tutto fosse successo solamente da pochi istanti. Le immagini sono talmente reali che, mentre lui parla, mi pare di aver fatto un salto a ritroso nel tempo.
Era il 3 maggio mica il 3 luglio eppure il termometro aveva toccato quasi i 36 gradi, un caldo assolutamente fuori della norma, quel giorno.
Lui racconta ed io quasi sento sulla mia fronte il sudore, il sudore che imperlava la sua di fronte, e quel senso di forza, di invincibilità, di onnipotenza che solo a 15 anni si può provare.
Era un sabato. Lui se lo ricorda bene.
Non era andato a scuola ma, con un amico molto più grande, era salito, in bicicletta, fino al Sestriere. Quanto amava la bicicletta e pedalare, pedalare, anche per ore ed ore. Ogni momento libero dallo studio e dal lavoro era consacrato alla bicicletta.
Dal lavoro vi chiederete?! Eh si, già lavorava benchè avesse solo 15 anni. In realtà lavorava da quanto ne aveva 12.
Faceva l’ apprendista in una pasticceria vicino a casa. Ero molto goloso e adorava i dolci così, un po’ per scherzo, un po’ per davvero, un giorno si era fermato e aveva chiesto al titolare della pasticceria se potesse lavorare per lui e se lui potesse pagarlo in dolci.
Bei tempi! Adesso sarebbe improponibile un accordo del genere, ma allora era differente. Ve lo immaginereste voi un ragazzino di oggi a fare una cosa del genere? Manco i genitori lo lascerebbero prendere una simile iniziativa. Oggi poi sono troppo impegnati con i miliardi di attività collateral-culturali: corso di questo, corso di quello, corso di quell’altro: musica, lingue, sport. A volte ci si chiede come facciano, eppure riescono anche a trovare il tempo per tv e cellulari.
Ma saranno veramente felici e sereni.
Comunque i tempi erano diversi ed il pasticcere accettò e gli insegnò un bellissimo mestiere che gli permise di mangiare i dolci ma anche di guadagnare qualcosina mentre studiava.
Renato rimase con lui fino a 27 anni, poi dato che nel frattempo si era sposato e in arrivo c’ero io, figlia, il lavoro, maggiori responsabilità, non gli fu più possibile proseguire.
Comunque meglio tornare a quel sabato….
Adorava andare in bicicletta: non sentiva mai la stanchezza, non si sarebbe mai fermato. Filavano lui e la sua bici: una Legnano, una bella bici di marca.
Mentre scendeva con il suo amico verso Pinerolo iniziarono a vedere i nuvoloni neri che si addensavano sempre di più; l’estate di poco prima lasciava il posto a quella che pareva invece essere una cupa giornata invernale.
Improvvisamente il cielo si era fatto scuro, i nuvoloni neri avevano oscurato il sole. Il vento aveva iniziato a soffiare. Soffiava forte, impetuoso e pareva doler distruggere, con la sua potenza, tutto ciò che incontrava. Un vento caldo, anomalo, pareva portare persino della sabbia. Flagellava il viso, pungeva persino a tratti. Non si poteva smettere di pedalare, si doveva tornare a casa in tempo o sarebbero stati guai.
A quei tempi non si sgarrava, se si faceva ritardo si rischiava di non poter uscire per giorni. No no, forza ce la potevano fare.
Il suo amico abitava prima di lui, in via San Massimo. A quei tempi Renato abitava in via Mario Gioda oggi conosciuta come Via Giolitti, al numero 39 fra i “giardini Quadrati” e le “Muntagnole”.
Ma voi non saprete sicuramente che cosa siano i “giardini Quadrati” e le “Muntagnole”
Ehhhhh….. Ve lo dico io allora i “giardini quadrati” oggi sono conosciuti come Aiuola Balbo e le “Muntagnole” come giardini Cavour.
Mio padre mi raccontò una volta che era fantastico scivolare alle “Muntagnole” quando nevicava.
Torniamo a quel sabato.
Non era severa la mamma di Renato, mia nonna, ma se diceva un’ora quella doveva essere ed lui lo sapeva bene. Doveva essere a casa prima di cena e dato che si cenava alle 19.30, prima di tale ora doveva essere rincasato.
Il vento soffiava, soffiava sempre più forte; non mancava molto ad arrivare ma che fatica. Spingeva sui pedali come un forsennato, il vento lo sferzava, pareva quasi disarcionarlo dalla sella. Non mancava molto. Ancora un ultimo sforzo.
A fatica riuscì ad aprire il portone, ad infilare dentro la bicicletta.
Aveva il fiatone, le gambe che tremavano, improvvisamente si era reso conto che non solo le gambe tremavano, tutto il corpo era scosso da brividi: brividi di freddo o forse di paura.
Con le gambe indolenzite e portando a spalle la bici iniziò a salire le scale; abitava al 1° piano ma era talmente stanco che gli pareva le rampe avessero raddoppiato il loro dislivello.
Finalmente riuscì a varcare la porta di casa. La madre stava cucinando e lo accolse un po’ bruscamente; non era in ritardo ma l’aveva comunque fatta stare in pensiero.
Il padre che faceva a quei tempi l’autista per un famoso avvocato non era ancora rincasato.
Il vento continuava a soffiare sempre più forte, volava di tutto: alcune tegole, rami secchi, brandelli di stoffa di tende ormai logore e bruciate dal sole.
Il cielo era nerissimo e aveva iniziato anche a piovere.
Dopo aver asciugato e ripulito la bici Renato si sedette un attimo al tavolo in cucina per bere un bicchiere d’acqua e alzò lo sguardo per guardare l’ora: erano le 19.25.
Improvvisamente un boato spaventoso. Renato vede il tornado avanzare, in diretta strappare la guglia alla Mole e scaraventarla a terra.
“Mama, mama” gridò balzando in piedi “à l’è rubatà la Mole” e lei, senza, neppure alzare lo sguardo dalla pentola che stava rimestando e senza scomporsi, rispose: “fa nen ël fòl” che, per chi non capisse il piemontese, significa “non fare lo scemo”.
Ma come, era verissimo, lo aveva visto con i suoi occhi, proprio di fronte a lui: un attimo e paffete sparita la guglia.
Allora Renato si alzò, andò verso la madre, la strattonò persino un po’ e la portò quasi di peso verso la finestra. Non stava facendo lo scemo, era tutto vero e di fronte a loro la Mole decapitata si stagliava nel cielo sempre più nero.
Anche lei rimase sconvolta ma, la minestra era sul fuoco, la cena rischiava di bruciare e così ritornò ai fornelli borbottando.
Renato andò in bagno a lavarsi ma dentro di sé aveva una strana sensazione. Meraiglia, spavento, ammirazione ??!!
Mah, a 15 anni le cose si vedono in un modo particolare, i colori sono vivi, le emozioni ti toccano nel profondo e a distanza di tanti anni ancora sente e, riesce persino a trasmettere all’interlocutore quelle sensazioni: il vento che sferza il viso, l’oppressione di quelle nuvole plumbee, il profumo di quella minestra e la piacevole sensazione di bere quel bicchier d’acqua dopo tanta fatica.
Nei giorni successivi si lesse sui giornali che a staccarsi erano stati gli ultimi 47 metri della guglia della Mole, circa 400 tonnellate di materiale che si erano schiantate a terra, incredibilmente e fortunatamente, senza colpire nessuno.
Tanti anni sono passati da allora; Renato non va più in bicicletta ma, non perde, per nulla al mondo, una tappa del Giro d’Italia.

Testo scritto in occasione dell'esame del DAMS Teorie e Tecniche delle scritture - aprile 2017

venerdì 25 agosto 2017

Vivi con me

Non vivere per me,
vivi con me,
vivimi un giorno dopo l'altro.
Semplicemente noi
ieri, oggi e... forse domani.

©esseci2017

mercoledì 23 agosto 2017

Noi

Noi: solo noi.
Progetti, sogni, speranze.

Noi…

Silenzi, incomprensioni, inganni.
Non esiste più: noi.

Te, io… io, te.
Mai più noi.


©esseci2017

sabato 4 febbraio 2017

Liquidi riflessi

Rapito lo sguardo,
dal liquido riflesso.
Un cielo sottosopra:
incanto di nuvole,
azzurro ai piedi.
Lasciati ammaliare dallo specchio:
apri gli occhi,
stupisciti,
abbandonati.
È il qui ed ora
di una fluida emozione.